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L’azione sindacale nello sport prosegue

Il nostro impegno per il riconoscimento del lavoro sportivo è cominciato molto prima dell’emergenza Covid, continua e continuerà oltre la pandemia.

L e ultime misure messe in atto dal Governo per far fronte alla crisi che stiamo vivendo hanno fatto luce sul settore dello Sport e, finalmente, hanno portato a concepire come lavoro (e non più come volontariato) tutte le attività svolte da tecnici, allenatori, istruttori e amministrativi impiegati nelle varie associazioni sportive dilettantistiche iscritte al CONI. Questo fatto si è realizzato soprattutto grazie all’intervento del Sindacato. Questa fase emergenziale del Covid 19, infatti, ha fatto emergere le varie criticità e le numerose forme di precarietà esistenti, anche nel settore sportivo, e ha posto una condizione di non ritorno, un’opportunità per affrontare seriamente i tanti problemi che vengono denunciati da lavoratrici e lavoratori.

PRIMA ASSEMBLEA NAZIONALE

Lo scorso 12 novembre si è tenuta la prima Assemblea Nazionale Unitaria delle lavoratrici e dei lavoratori dello Sport, che ha visto la partecipazione di oltre 200 tra dipendenti e collaboratori sportivi. Al centro della discussione la questione che denunciamo oramai da tempo: il settore sportivo è un sistema sostanzialmente frammentato e poco regolamentato, all’interno di un quadro normativo di riferimento da riformare. In particolare, è emersa la necessità del riconoscimento dei diritti e delle tutele a prescindere dalla tipologia del rapporto di lavoro. Negli interventi sono state denunciate, inoltre, le diverse distorsioni e le difficoltà nell’applicazione della procedura prevista per le richieste di indennità, bonus e ristori. Ci sono stati ritardi nell’erogazione, molti collaboratori sportivi hanno avuto difficoltà a reperire la documentazione necessaria all’approvazione della richiesta e, poi, difficoltà nel ricevere risposte adeguate alle richieste di supporto. In merito a questo argomento, insieme con Felsa Cisl e Uiltemp, unitariamente, abbiamo scritto al Ministero dello Sport per avere chiarimenti e per trovare soluzioni.

È LAVORO, NON VOLONTARIATO

Il lavoro sportivo non ha mai avuto una sua identità complessiva regolamentata da una Legge Quadro che colmasse la storica carenza strutturale di un modello definito e specifico del rapporto di lavoro nello sport in tutte le sue articolazioni (a parte l’identificazione del professionismo, disciplinato dalla Legge 23 marzo 1981, n.91). Significativo, a questo proposito, anche quanto definito dalle Direttive Europee e quanto descritto nel nostro Libro Bianco sullo Sport.

Oggi, la strada per il riconoscimento del diritto al lavoro passa inevitabilmente attraverso la Legge Delega n.86/2019, che ha aperto finalmente uno spiraglio all’idea che lo Sport è un settore strategico per le politiche di inclusione sociale e cittadinanza e che è un patrimonio di professionalità che vanno riconosciute, sostenute, arricchite e valorizzate dentro un sistema di diritto giuslavoristico.

Con i Decreti “Cura Italia” e “Rilancia Italia” i collaboratori/lavoratori del settore sportivo si sono visti riconoscere un’indennità di 600 euro, con l’ultimo Decreto Ristori l’indennità di novembre è stata elevata a 800 euro. Chi ha presentato la domanda per i mesi precedenti, si vedrà accreditare automaticamente l’importo da Sport e Salute senza dover presentarenuovamente la richiesta.

Per raggiungere l’obiettivo di una vera regolamentazione del lavoro sportivo, però, è necessario e determinante il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, pubblici e privati, cercando di superare le forti distorsioni create nel passato. Finora si è privilegiata la logica del risultato tecnico, dando scarsa considerazione alle trasformazioni radicali intervenute nella nostra società e mettendo in secondo piano l’universo sociale dei praticanti e dell’associazionismo amatoriale.

Tutto ciò che era fuori dal mondo del professionismo sportivo maschile è stato relegato nella categoria dello “sport dilettantistico”: strutture di base e avviamento alla pratica sportiva connotate da una base prettamente “volontaristica”, centri fitness inquadrati come associazioni sportive e società sportive dilettantistiche che utilizzano operatori professionali, discipline sportive e associazioni federali che vengono classificate come dilettantistiche.

IL SINDACATO C’É

Siamo convinti che sia necessario guardare con lungimiranza a un settore che potrebbe dare una spinta all’economia del Paese e dare opportunità occupazionali di qualità, tenendo conto anche dell’importanza che può rivestire lo Sport in un momento difficile come quello che stiamo vivendo e, successivamente, rispetto alla auspicata ripresa.

Unitariamente, le categorie sindacali dei dipendenti (Slc Cgil, Fisascat Cisl e Uilcom) e quelle dei lavoratori atipici, autonomi e collaboratori (NIdiL Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp) stanno sviluppando un rapporto di collaborazione proficuo, che riconosce le diverse identità lavorative tra dipendenti e autonomi a cui dare rappresentanza e rappresentatività, nella convinzione che la costruzione di una Piattaforma comune possa includere le differenze e, soprattutto, portare al giusto riconoscimento dei diritti universali per tutte e tutti. Insieme sosteniamo l’opportunità di realizzare una riforma strutturata dello Sport che riconosca a pieno titolo il lavoro sportivo, quindi un sistema di diritti e tutele. Lo scorso 20 novembre abbiamo sollecitato al Ministero dello Sport di riavviare il confronto, anche a seguito dell’ultima bozza del Testo Unico dello Sport (Legge Delega n.86/2019) sulla quale abbiamo posto alcune osservazioni e fatto proposte specifiche.

Vogliamo pensare che l’intenzione di far fare un salto di qualità al sistema animi molti dei soggetti in campo. Per questo riteniamo necessario che i livelli istituzionali si facciano promotori dell’istituzione di un tavolo che progetti e lavori a una nuova epoca per il sistema sportivo, in cui il lavoro divenga punto di forza e risorsa primaria da tutelare e promuovere. Intanto, in alcune nostre strutture territoriali, anche se siamo in una fase difficile e complicata, si cerca di avviare una pratica negoziale, aprendo interlocuzioni con le varie istituzioni locali, avendo come obiettivo quello di contribuire a garantire offerte sportive di qualità sul territorio e cercando di estendere una maggiore tutela verso il lavoro sportivo. Anche la contrattazione territoriale può avere un ruolo determinante nel percorso verso il riconoscimento dei diritti se si hanno a disposizione Leggi Regionali e un Piano Territoriale per lo sport corrispondenti agli obiettivi definiti dalle linee generali della Legge Quadro.

Un percorso che si svilupperà anche cercando di trovare soluzioni concrete alle diverse problematiche che via via si presenteranno. Invitiamo, quindi, le lavoratrici e i lavoratori sportivi a rivolgersi alle nostre sedi territoriali, individualmente o in forme collettive, per portare il proprio contributo.

In Italia circa un milione di persone lavora nello sport senza senza diritti e tutele: senza malattia, maternità, tutele previdenziali o disoccupazione. Istruttori, atleti non professionisti o anche amministrativi nelle associazioni sportive dilettantistiche, spesso full-time, con compensi sotto i 10mila euro l’anno. Circa 200 mila di questi invisilili hanno avuto accesso alle indennità Covid. In parlamento è in discussione una proposta di Legge delega di riforma dello Sport.

Newsletter èLavoro NIdiL Cgil Novembre 2020