Vai al contenuto

COLLABORAZIONE

IL LAVORO PARASUBORDINATO: LE COLLABORAZIONI

NIdiL, Nuove Identità di Lavoro, è la categoria della CGIL che rappresenta e tutela i lavoratori con un rapporto di lavoro parasubordinato. Le collaborazioni rientrano nella definizione di “Lavoro parasubordinato“, non sono regolamentate da una sola disciplina e – a partire dal 2003 – sono state oggetto di numerosi interventi normativi. Oggi in Italia abbiamo almeno due tipi di lavoro para-subordinato:

Collaborazione Coordinata e Continuativa

La Collaborazione Coordinata e Continuativa è un rapporto di lavoro autonomo che presenta alcune caratteristiche tipiche del lavoro subordinato. La definizione normativa è stata modificata  dalla Legge 81/2017, che ha modificato  l’art. 409 del Codice di Procedura Civile inserendo la seguente definizione: “la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”.

Il rapporto di lavoro di collaborazione è una combinazione tra le caratteristiche del lavoro subordinato e quelle del rapporto autonomo e cioè:

Collaborazione organizzata dal committente

L’art. 2 del D.Lgs. 81/2015 ha introdotto nell’ordinamento una nuova forma di collaborazione definendola organizzata dal committente.

Che significa? Vuol dire che alle collaborazioni  in cui anche le modalità di esecuzione della prestazione (tempi e ai luoghi di lavoro) sono organizzate dal committente si applica la disciplina del lavoro subordinato.

Di conseguenza, al lavoratore deve essere riconosciuto lo stesso trattamento economico, contributivo e normativo (retribuzione, ferie, permessi, malattia, maternità, infortunio, preavviso, norme sul licenziamento, naspi, ecc..) dei lavoratori subordinati dipendenti.

Cosa sono il potere direttivo e il potere disciplinare?

A questo punto ti starai chiedendo cosa sono il potere direttivo e il potere disciplinare. Nel primo caso si tratta della facoltà del datore di lavoro di imporre ordini e disposizioni. Nel secondo caso parliamo del potere del datore di lavoro di adottare specifiche sanzioni nei confronti del lavoratore, a seguito di comportamenti che violano gli obblighi contrattuali.

Le tipologie di collaborazione che fanno eccezione

Le regole che abbiamo citato sopra non riguardano:  le collaborazioni utilizzate in settori dove vigono accordi nazionali stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, i professionisti iscritti a ordini o albi professionali e gli amministratori di società.

LE ALIQUOTE PREVIDENZIALI

Per gli iscritti alla Gestione separata Inps senza altre coperture previdenziali obbligatorie l’aliquota contributiva,  dal 1° gennaio 2023 è pari al 35,03%. Il 33% del contributo è destinato ai futuri trattamenti pensionistici (invalidità, vecchiaia e superstiti). Parte del contributo versato serve a finanziare una serie di prestazioni quali l’indennità di maternità, l’indennità per congedo parentale, l’indennità di malattia, l’indennità per degenza ospedaliera e gli assegni al nucleo familiare. Questo contributo aggiuntivo è pari allo 0,72%. Un ulteriore contributo pari all’ 1,31% finanzia gli eventi di disoccupazione (DIS – COLL).

Per gli iscritti alla Gestione separata Inps titolari di pensione o con altre coperture previdenziali obbligatorie è pari invece al 24%.

L’onere contributivo è ripartito tra committente (2/3) e lavoratore (1/3), ma  è l’impresa che deve versare alla Gestione Separata INPS l’intero ammontare del contributo previdenziale, trattenendo la quota a carico del lavoratore dal suo compenso lordo.

Dove vanno i contributi previdenziali dei collaboratori? La Gestione Separata INPS

I contributi previdenziali dei collaboratori vengono versati in un apposito fondo istituito dalla Legge Dini (335/95) denominato come fondo Gestione Separata INPS

A cosa serve versare i contributi previdenziali?

 
 Il versamento dei contributi previdenziali alla Gestione Separata INPS, nell’ambito del sistema di calcolo contributivo introdotto nel 1995,  ha come principale finalità quella di ottenere un trattamento pensionistico al raggiungimento dei requisiti di legge. La futura pensione delle lavoratrici e dei lavoratori della Gestione separata Inps rischia però di essere un grande punto interrogativo: basse retribuzioni, carriere lavorative instabili e basse aliquote previdenziali almeno fino al 2007, hanno determinato le condizioni per avere in prospettiva pensioni non sufficienti a garantire una vecchiaia dignitosa. 

 In particolare questo è un problema in presenza di carriere lavorative non sempre stabili nel tempo che hanno determinato percorsi contributivi frastagliati.

Pensiamo ad esempio a chi ha iniziato a lavorare con rapporti di lavoro subordinato e si è trovato, suo malgrado, a dover ripensare la propria vita lavorativa attraverso forme di lavoro come le collaborazioni, catapultato allo stesso tempo in nuovi e differenti contesti previdenziali. Nella situazione opposta invece potrebbe trovarsi chi, cominciando a lavorare con rapporti di collaborazione, successivamente passa a un rapporto di lavoro subordinato e conseguentemente a una diversa posizione assicurativa/previdenziale. Ci sono poi quei lavoratori che per varie ragioni scelgono di instaurare rapporti di lavoro di natura parasubordinata, cristallizzando nel tempo la propria posizione previdenziale esclusivamente all’interno della Gestione Separata INPS.

Se fai parte di una di queste categorie di lavoratori e vuoi conoscere lo stato dei tuoi contributi previdenziali (togli link a INPS), fare una simulazione di pensione (togliere link ad INPS), avere chiarimenti o consigli puoi sempre recarti nella Camera del Lavoro Cgil più vicina o presso gli uffici del Patronato INCA CGIL (fare link per INCA).

LE PRESTAZIONI EROGATE DALLA GESTIONE SEPARATA INPS

Oltre alle pensioni, l’INPS eroga una serie di prestazioni sociali agli iscritti alla Gestione separata. Vediamo nel dettaglio quelli previsti per i collaboratori.

Congedo di maternità

Il congedo obbligatorio di maternità per le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata Inps è stato introdotto dal Decreto Ministeriale 12 luglio 2007, garantendo anche alle collaboratrici la tutela della maternità nelle stesse forme e modalità previste per le lavoratrici subordinate.

La legge n. 81 del 2017 (Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale) ha tuttavia previsto che per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata la tutela, ai fini del riconoscimento dell’indennità di maternità, è garantita a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa.

Il Testo Unico in materia di sostegno e tutela della maternità e paternità individua i casi in cui è fatto divieto al committente di far lavorare le donne in stato di gravidanza (art. 16 del d.lgs. 151/2001).

Gravidanza a rischio

Sono altresì tutelate le ipotesi di maternità a rischio (art. 17 del d.lgs. 151/2001). La disposizione di interdizione può essere fatta nel caso di:

Indennità di maternità

Il diritto all’indennità di maternità compete per i periodi di congedo previsti dal “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità” (d.lgs. 151/01) agli artt. 16 “Divieto di adibire al lavoro le donne” e 17 “Estensione del divieto” e anche se l’interruzione della gravidanza si verifica dopo il 180 giorno dall’inizio della gestazione e se il bambino nasce morto o muore dopo un breve lasso di tempo.

Quali sono i requisiti contributivi per maturare il diritto all’indennità di maternità?

Hanno diritto all’indennità di maternità le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS a condizione che:

Come si calcolano i 12 mesi precedenti all’inizio del periodo indennizzabile?

I 12 mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile vanno calcolati in considerazione della data presunta del parto e costituiscono il periodo di riferimento sia per l’individuazione del requisito contributivo (3 mensilità effettive di contribuzione), sia per l’individuazione del reddito sulla base del quale verrà calcolata l’indennità di maternità. In mancanza della data presunta, i dodici mesi di riferimento saranno quelli determinati sulla base della data effettiva del parto.

Il requisito di avere almeno 1 mensilità di effettiva contribuzione va invece individuato nei 12 mesi interi che precedono il diverso periodo di congedo che si determina in caso di interdizione anticipata (art. 17 d.lgs. 151/2001) e/o nel caso di esercizio della flessibilità del congedo di maternità (1 mese prima della data presunta del parto e 4 mesi successivi al parto).

Se la collaboratrice ha maturato almeno 1 mensilità di effettiva contribuzione all’interno del periodo di riferimento, ma quando inizia il periodo indennizzabile non è più iscritta alla Gestione Separata INPS, ha ugualmente diritto all’indennità di maternità (a meno che non abbia diritto a una maggiore indennità derivante da attività lavorativa subordinata o autonoma).

IMPORTANTE

Le collaboratrici hanno diritto all’indennità di maternità anche nel caso in cui il committente/sostituto d’imposta non versa la contribuzione utile alla maturazione del diritto (art. 64 ter D.LGS. 151/2001), in forza dell’applicazione del principio di automaticità  delle prestazioni. 

Quanto spetta di indennità di maternità?

L’indennità è pari all’80% di 1/365 del reddito percepito nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo indennizzabile che, a sua volta, può variare in funzione del diverso periodo di congedo richiesto. L’importo così ottenuto va moltiplicato per il numero di giornate da indennizzare. In particolari circostanze, però, il calcolo per determinare l’indennità di maternità è molto complesso, per avere certezza di quanto spetti è bene quindi rivolgersi alle sedi territoriali del patronato Inca-Cgil o a quelle di NIdiL Cgil più vicine.

Come si fa a richiedere l’indennità di maternità?

Diversamente dal lavoro subordinato in cui generalmente è il datore di lavoro ad anticipare l’indennità di maternità per conto dell’INPS, le collaboratrici devono fare richiesta direttamente all’Istituto previdenziale. All’Inps insieme alla domanda andrà inviato anche il certificato medico che attesta lo stato di gravidanza. Il medesimo certificato va inviato anche al committente prima dell’inizio del periodo di congedo.

La domanda di accesso alla prestazione può essere presentata all’INPS solo telematicamente attraverso i seguenti canali:

  • – via web (www.inps.it) nella sezione “servizi online” attraverso procedura con pin online oppure con accesso senza autenticazione
  • – attraverso contact center INPS al numero verde 803164 (sia con pin che senza)
  • – attraverso i soggetti intermediari dell’INPS ovvero i patronati (INCA CGIL)

Indennità in caso di adozione o affidamento

Il congedo di maternità e la relativa indennità può essere richiesto anche dalle madri adottive o affidatarie per i 5 mesi successivi all’effettivo ingresso in famiglia del minore all’atto dell’adozione o dell’affidamento nazionale. Spetta inoltre alle madri adottive o affidatarie per i 5 mesi successivi all’effettivo ingresso in famiglia del minore all’atto dell’adozione o dell’affidamento preadottivo internazionale.  

Tutela della paternità

Il padre lavoratore iscritto alla Gestione separata INPS, ha diritto ad un’indennità per i 3 mesi successivi alla data effettiva del parto (o per il periodo residuo che sarebbe spettato alla madre) in caso di: morte o grave infermità  della madre; abbandono del figlio da parte della madre; affidamento esclusivo al padre; rinuncia totale o parziale della madre al congedo a lei spettante, in caso di adozione o affidamento di minori. L’indennità di paternità è riconosciuta anche al padre adottivo o affidatario.

L’indennità è pari all’80% di 1/365 del reddito percepito nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo indennizzabile che, a sua volta, può variare in funzione del diverso periodo di congedo richiesto. L’importo così ottenuto va moltiplicato per il numero di giornate da indennizzare. In particolari circostanze, però, il calcolo per determinare l’indennità di paternità (o maternità) è molto complesso, per avere certezza di quanto spetti è bene quindi rivolgersi alle sedi territoriali del patronato Inca-Cgil o a quelle di NIdiL Cgil più vicine.

Congedo parentale

Le collaboratrici e i collaboratori (anche adottivi o affidatari) in possesso di una mensilità contributiva nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile (data effettiva del parto o ingresso in famiglia del minore) hanno diritto a un trattamento economico per congedo parentale.

Il trattamento economico può essere richiesto per un periodo massimo di 9 mesi entro i primi tre anni di vita del bambino o entro i primi tre anni di ingresso in famiglia del minore. L’indennità è pari (per ciascuna giornata indennizzabile) al 30% del reddito risultante dalla contribuzione previdenziale versata nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile.

Per i periodi di congedo fruiti entro il primo anno di vita del bambino il trattamento economico è riconosciuto anche in assenza del requisito contributivo di 1 mese, sempre che si sia maturato il diritto all’indennità di maternità/paternità. In questo caso il trattamento economico è pari al 30% del reddito utilizzato per il calcolo dell’indennità di maternità/paternità.

Assegno al nucleo familiare

Le collaboratrici ed i collaboratori iscritti alla Gestione separata dell’Inps (non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie e non titolari di pensione) hanno diritto all’assegno al nucleo familiare (D.M. del 4/4/2002) a condizione che i nuclei familiari siano composti da:

Per verificare se spetta il diritto all’assegno si utilizzano le tabelle in vigore per i lavoratori dipendenti e si prende a riferimento il reddito del nucleo familiare percepito nell’anno solare precedente il 1° luglio di ciascun anno. Per avere il quadro completo degli aventi diritto ti consigliamo, comunque, di rivolgerti alla sede del patronato Inca Cgil più vicino. 

I requisiti per ottenere l’assegno al nucleo familiare

Per maturare il diritto all’assegno, almeno il 70% del reddito familiare deve derivare da attività soggette all’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Inps. Ai fini del raggiungimento del requisito concorrono anche eventuali redditi da lavoro dipendente.

Per il diritto all’assegno, infatti, bisogna prendere in considerazione il reddito complessivo della famiglia, cioè la somma dei redditi dei componenti, esclusi i figli maggiorenni e il coniuge legalmente separato. Inoltre, non vanno considerati i redditi derivanti da: rendite Inail; pensioni di guerra; indennità di accompagnamento; trattamento di fine rapporto e relative anticipazioni; pensioni tabellari ai militari di leva vittime di infortunio. Vanno, invece, considerati: tutti i redditi assoggettabili ad Irpef al netto dei contributi previdenziali obbligatori; i redditi esenti da imposta (ad esempio le pensioni sociali, gli assegni sociali, le pensioni civili, interessi da Bot e i redditi di qualsiasi natura, compresi quelli soggetti a ritenute alla fonte superiori a 1032,92 Euro).

Le modalità e i termini per la domanda

I lavoratori devono presentare domanda direttamente all’Inps, attraverso le modalità  telematiche, a decorrere dal 1° febbraio dell’anno successivo a quello per il quale viene richiesta la prestazione. L’erogazione avverrà con pagamento diretto.

Indennità di malattia con decorso domiciliare

Alle collaboratrici e ai collaboratori iscritti alla Gestione Separata Inps non pensionati e senza altre coperture previdenziali è riconosciuto il diritto a una indennità giornaliera a carico dell’Inps (art. 1, comma 788, L. 296/06). Per la malattia con decorso domiciliare l’indennità  è riconosciuta per un numero di giorni pari, al massimo, a 1/6 della durata complessiva del rapporto. Per durata complessiva del rapporto di lavoro s’intende il numero delle giornate lavorate o comunque retribuite, nell’ambito dei rapporti in essere nei 12 mesi precedenti l’inizio della malattia. Pertanto, il numero massimo delle giornate indennizzabili nello stesso anno solare non può superare i 61 giorni (1/6 di 365). In ogni caso non può essere inferiore a 20 giorni nell’arco dell’anno solare. Non sono indennizzate le malattie inferiori ai 4 giorni, a meno che non si configurano come continuazione o ricaduta di una precedente malattia. La certificazione di malattia va inviata telematicamente all’INPS. Ai collaboratori si applicano le disposizioni in materia di fasce orarie di reperibilità e di controllo dello stato malattia (art.5, comma 14, DL n. 463/83 convertito nella legge 638/83 e successive modificazioni). 

Requisiti e importo dell’indennità

Per accedere alla prestazione è necessario il possesso di almeno 1 mensilità contributiva nei 12 mesi precedenti la malattia ed un reddito non superiore al 70% del massimale contributivo nell’anno solare che precede la da di inizio della malattia. E’ inoltre richiesta la sussistenza di un rapporto di lavoro in atto per tutto il periodo di malattia certificata.

Gli importi giornalieri dell’indennità variano in funzione della contribuzione versata e sono pari a (dati 2023):

  • 24,88 euro se sono stati versati contributi da 1 a 4 mesi
  • 37,32 euro se sono stati versati contributi da 5 a 8 mesi
  • 49,76 euro se sono stati versati contributi da 9 a 12 mesi.

Indennità di malattia in caso di ricovero ospedaliero

L’indennità  di malattia in caso di ricovero ospedaliero è prevista a condizione che risulti versata almeno 1 mensilità  contributiva nei 12 mesi precedenti la data di inizio della degenza. Inoltre, il reddito individuale assoggettato a contributo nella Gestione Separata Inps nell’anno solare precedente non deve superare il massimale contributivo diminuito del 30%. Per aver diritto alla prestazione è necessario che gli iscritti alla Gestione Separata Inps non siano titolari di pensione diretta o di reversibilità, e non siano contemporaneamente iscritti ad altri fondi di previdenza obbligatoria. L’interessato deve presentare domanda all’Inps entro 180 giorni dalla dimissione ospedaliera e la domanda deve essere accompagnata dall’autocertificazione dei redditi percepiti nell’anno precedente.

Le modalità  di erogazione

L’indennità  spetta per tutte le giornate di ricovero, presso strutture ospedaliere sia pubbliche che private (accreditate dal Servizio Sanitario Nazionale), fino a un massimo di 180 giorni nell’anno solare (comprese le giornate di dimissioni dal luogo di cura e le festività ). Inoltre, in caso di ricovero presso strutture ospedaliere estere, l’indennità  di malattia è dovuta per ogni giornata di degenza autorizzata o riconosciuta dal Servizio sanitario nazionale. In caso di day hospital, si avrà  diritto alla prestazione solo se verrà  riconosciuta un’effettiva incapacità  lavorativa per l’intera giornata.

La legge 81/2017 ha equiparato alla malattia per degenza ospedaliera periodi di malattia certificata come trattamenti terapeutici:

  • di malattie oncologiche
  • di gravi patologie cronico-degenrative ingravescenti
  • o che comunque comportino una inabilità lavorativa temporanea del 100%.

L’indennità  economica giornaliera varia in funzione della contribuzione versata ed è dovuta per ogni giornata di degenza ospedaliera, nella misura di (dati 2023):

ACCORDI STIPULATI DA NIdiL Cgil

Per i collaboratori non esiste il CCNL, ossia un Contratto Collettivo Nazionale di categoria, ma questo non significa che i tuoi diritti e le tue tutele non possano essere rappresentati e tutelati a livello collettivo. Il sindacato può intervenire per contrattare con il committente condizioni di lavoro migliori per tutti. Il frutto di questa contrattazione viene siglato attraverso la firma di un accordo, come quello che regolamenta le collaborazioni coordinate e continuative nel settore della cooperazione nazionale e internazionale (accordo OSC) o nel settore Ricerche di Mercato, Sondaggi di opinione e Ricerca Sociale (accordo Assirm).