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IL DOMANI SI CAMBIA OGGI. L’intervento di Luca, delegato NIdiL Cgil

All'assemblea nazionale dei delegati e delle delegate Cgil, la testimonianza di un delegato NIdiL, somministrato al Comune di Torino.

Buongiorno, sono Luca Pugliese un educatore professionale con contratto di somministrazione (interinale, come  spesso veniamo ancora chiamati) presso il Servizio Sociale del Comune di Torino. Come me circa 250 Operatori nei Servizi con diverse qualifiche che, in questi ultimi due anni, a causa della pandemia,  hanno visto crescere  fragilità e bisogni delle fasce più deboli della popolazione… spesso derivanti  proprio dalla perdita del lavoro.

Duecentocinquanta somministrati per un datore di lavoro pubblico che conta circa 8.000 dipendenti a Torino, forse secondo solo a Mirafiori con i suoi circa 13.000 operai oggi.

Il lavoro precario viene stigmatizzato spesso con una incertezza continua, che riguarda non solo la continuità di lavoro ma riguarda anche la propria vita, in difetto di progettualità per ovvie ragioni: per chi vive di lavoro se il lavoro manca è difficile poter  programmare qualunque cosa.

Eppure, noi precari del Comune una certezza ce l’abbiamo: a 36 mesi di contratto, qualunque sia il tuo operato, qualunque sia il grado di  responsabilità e professionalità assunti andando a lavorare per 3 anni, a 36 mesi e un giorno rimani a casa e vieni sostituito da qualcun altro che ripartirà da zero e che avrà la tua stessa certezza.

Dopo anni di precarietà strutturale, abbiamo trovato la forza di alzare la testa per dire che siamo lavoratrici e lavoratori al pari dei nostri colleghi diretti e che il nostro lavoro vogliamo continuare a farlo perché ce n’è bisogno e sappiamo farlo!

Oggi, i precari del Comune di Torino hanno voce e rappresentanza e siedono ai tavoli per portare avanti istanze sacrosante per la propria continuità lavorativa e per rivendicare parità di trattamento sul posto di lavoro.

Come precari di un servizio pubblico essenziale siamo espressione di contraddizioni inaccettabili:

1. precari e potenziali nuovi disoccupati ma allo stesso tempo educatori, mediatori, psicologi, assistenti sociali,  chiamati a rispondere al disagio di chi si presenta ai nostri uffici per bisogno;

2. lavoratrici e lavoratori chiamati alla responsabilità verso un servizio pubblico essenziale che però non investe sulla qualità del lavoro a garanzia dei cittadini, che vuol dire anche redistribuire un po’ di ricchezza, ma che  lo indebolisce con un turnover continuo.

Il percorso di stabilizzazione che stiamo rivendicando, perché non vogliamo restare somministrati e precari a vita, è un percorso a ostacoli  posti dall’Agenzia come datore di lavoro, dal Comune come azienda utilizzartrice e dal legislatore, che non dà risposte alla precarietà, nonostante i proclami e la quantità di interventi legislativi di questi anni.

Siamo delegati e delegate sindacali e col tempo abbiamo imparato a essere un riferimento per le nostre e i nostri colleghi sul posto di lavoro e a cercare di fare delle istanze individuali delle istanze collettive, da porre ad Agenzie e ad aziende utilizzatrici e, insieme alla nostra categoria, siamo diventati anche degli artigiani della norma: a fronte delle pezze continue messe dal legislatore, dove le toppe messe sono peggio del buco, dobbiamo inventarci sempre nuove strade, nuove possibili proposte da portare ai tavoli per poter arrivare a delle soluzioni a favore della continuità di lavoro e di reddito, per contrastare le disuguaglianze date da frammentarietà e precarietà lavorativa.

A questo proposito: perchè la Legge Madia non viene modificata e invece si continua a escludere i somministrati dai percorsi di stabilizzazione che per altre lavoratrici e lavoratori precari come noi rappresenta una via d’uscita, quand’anche l’amministrazione pubblica decidesse di indire bandi di concorso o seguire vie dirette di stabilizzazione?

Si continua a parlare di rinnovamento della PA e del tanto necessario incremento dell’organico eppure la cosiddetta legge Madia nata per contrastare il precariato resta lì, fissa come nelle tavole sacre, creando precari di serie A che qualche possibilità di stabilizzazione ce l’hanno e di serie B, incomprensibilmente esclusi.

La somminstrazione cresce ovunque,  nel pubblico come in tutti i settori del privato. Oggi conta circa 450.000 addetti a livello nazionale e per dare anche una idea del peso della controparte, si pensi ad una multinazionale come Adecco che oggi in Italia conta circa 40.000 dipendenti, mentre abbiamo imparato a vedere la delocalizzazione delle aziende manifatturiere.

Allora, se al Comune di Torino diciamo che sostituire i lavoratori allo scadere dei 36 mesi  di contratto con altri lavoratori è creare precariato, al legislatore diciamo che deve smetterla di fare grandi annunci sul contrasto al precariato, per poi fare delle norme che ottengono come risultato l’esatto contrario!

“La toppa peggio del buco” ed è una costante: vale per la citata legge Madia e vale per il cosiddetto decreto agosto: pensare di applicare il limite dei 24 mesi alle missioni della somministrazione a tempo indeterminato a partire da gennaio 2022, non vuol dire fine del precariato, vuol dire inasprirlo e alimentare un turn over selvaggio con migliaia di esuberi, all’entrata in vigore della norma, perchè il padrone semplicemente ci sostituisce!

Sono circa 105.000 lavoratrici e lavoratori con somministrazione a tempo indeterminato a livello nazionale , l’80% quelli che rischiano di rimanere a casa ed essere sostiuiti al raggiungimento di 24 mesi di contratto.

A riprova che non c’è volontà di affrontare il problema della precarietà in modo organico perchè questa, in fondo, permette di scaricare incertezze e costi sul lavoro, su lavoratrici e su lavoratori!

Se non fosse così allora :

– per la somministrazione la causale va introdotta dal primo giorno di lavoro non dal dodicesimo mese di contratto;

– anche per la somministrazione deve valere il diritto di precedenza e deve essere reso esigibile inserendo obbligo alla stabilizzazione con l’azienda utilizzatrice;

– l’aumento della somministrazione a tempo indeterminato è il risultato di interventi normativi precedenti che mettendo solo pezze, hanno ottenuto semplicemente il risultato di spostare il precariato da un’altra parte. Per non perseverare, allora, i contratti vanno rivisti, cosi come l’estensione di tutele e diritti va garantita a tutte le tipologie contrattuali. Solo così si mette in discussione la precarietà.

Noi , come organizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori e come delegati e delegate nei luoghi di lavoro possiamo fare molto: se l’obiettivo condiviso è di contrastare la precarietà, come strumento di divisività e ricattabilità di chi lavora, dobbiamo tradurlo nel concreto provando tutte e tutti, dipendenti diretti e indiretti a perseguire il diritto ad avere le medesime garanzie, diritti e tutele sul posto di lavoro e non accettare, a partire dai luoghi di lavoro e quando ci sediamo ai tavoli di trattativa, che ci siano colleghi di serie A e di serie B.

Questo vuol dire unità delle lavoratrici e lavoratori, questa la strada in cui anche con fatica dobbiamo perseverare.

Per tutte queste ragioni il 23 settembre ci sarà un presidio unitario a Roma e se non saremo ascoltati sarà sciopero dei somministrati e allora avremo bisogno del sostegno di tutti.

NO AI 100MILA LICENZIAMENTI PER LEGGE!

NO A 350MILA SOMMINISTRATI OBBLIGATI AD UN TURNOVER SELVAGGIO !

SI ALLA CONTNUITA’ OCCUPAZIONALE!