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V CONGRESSO NIdiL Cgil. Il dibattito

V° Congresso Nazionale NIdiL Cgil
IL LAVORO È… INCLUSIONE E RISCATTO

INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE CLAUDIO TREVES
TAVOLA ROTONDA “ SPORT E DIRITTI”

Napoli, 11 dicembre 2018. – Il V Congresso Nazionale NIdiL Cgil ha preso avvio con la relazione del Segretario Generale uscente Claudio Treves e terminerà mercoledì con le conclusioni del Segretario Generale della Confederazione, Susanna Camusso. La categoria sindacale dei lavoratori atipici (somministrati, collaboratori, lavoratori autonomi) è giunta al suo quinto congresso, forte di oltre 104mila iscritti, cioè 40mila in più rispetto al congresso precedente. Dopo 400 assemblee congressuali (82 in più rispetto a quattro anni fa), molte svolte congiuntamente con le altre categorie, la platea congressuale alla Stazione Marittima di Napoli è composta da 236 delegate e delegati.

Al centro i temi del lavoro “non standard” al tempo dei cambiamenti legati all’innovazione tecnologica che crea nuove precarietà, i riders, le piattaforme, il modello Amazon, in primis, ma anche le forme tradizionali di sfruttamento, con le criticità storiche del mercato del lavoro e del sistema produttivo italiano.

Sul mutare delle condizioni del lavoro NIdiL è osservatorio privilegiato e terreno d’avanguardia, nel tentativo testardo di ricomporre il vasto mondo del lavoro precario e di ricondurlo dentro il perimetro della dignità e dei diritti, della sperimentazione creativa delle forme di lotta, del radicamento politico e organizzativo nei luoghi della precarietà.

Basti pensare – ha spiegato Treves – agli accordi aziendali recentemente sottoscritti come la Lear Torino, ma anche Flextronics Trieste, o CVC Perugia, ma anche il progetto di coworking cofinanziato con la Camera del Lavoro di Monza Brianza, coronamento di un percorso lungo di aggregazione di soggetti, spesso giovani, che hanno trovato lì un luogo di studio, di formazione, di spazio per la loro creatività, e anche di impiego”.

In particolare, sulla somministrazione di lavoro: “Di fronte a noi sta un possibile cambio di paradigma – ha commentato Treves – esito forse inconsapevole delle norme recentemente varate dal governo con il pomposo nome di ‘decreto dignità’: un tasso di crescita a doppia cifra del ricorso alla somministrazione è probabilmente non più replicabile, ma nella somministrazione cambierà soprattutto il peso del rapporto a tempo determinato rispetto a
quello a tempo indeterminato, e cresceranno i rapporti commerciali a tempo indeterminato (staff leasing). Forse muterà la spinta a ricorrere alla somministrazione e/o al contratto a termine per affrontare la variabilità dei cicli, forse si rafforzeranno le esternalizzazioni più spinte e deregolatrici”.

Ancora criticità, anche sul tema dei rapporti di lavoro parasubordinato, dove il percorso di acquisizione di maggiori diritti e tutele ha subito uno stop e un arretramento con le collaborazioni etero-organizzate. E poi, ancora, lo sguardo sulle partite Iva: “si tratta di lavoratori il più delle volte deboli, ma comunque bisognosi di essere in primis informati, molto spesso sostenuti riguardo agli adempimenti, e – là dove si riesce – contrattualmente includerli nell’ambito dei sistemi di tutela esistenti”.

Ma riguardo all’estensione della tariffazione forfettaria al 15% per i redditi fino a 65mila euro: “Non si è riflettuto abbastanza – ha continuato Treves – sugli esiti possibili sul mercato del lavoro di una misura che rende il costo di questi soggetti inferiore a quello del lavoratore dipendente! Altro che sconfitta, anzi abolizione della precarietà!”. Due sole parole sulla legge di bilancio, la vergogna della possibilità di portare avanti la gravidanza fino al nono mese lavorando”.

TAVOLA ROTONDA SPORT E DIRITTI

La tavola rotonda, “Sport e Diritti”, ha proseguito il percorso di indagine sul mondo dello sport, avviato da NIdiL Cgil con Slc Cgil e Cgil Nazionale. Presentato, quindi, il primo libro bianco su “Lo sport come lavoro”, frutto dell’impegno congiunto delle strutture sindacali e dell’Istituto di Ricerche SL&A Turismo e Territorio.

Oltre ai dati più aggiornati su un settore che conta oltre un milione di “addetti” di cui meno del 10% contrattualizzati come lavoratori, lo studio raccoglie i risultati del questionario “Per te lo sport è un lavoro?” lanciato a gennaio 2018.

Ne hanno discusso con i rappresentanti sindacali Silvia Simoncini di NIdiL e Fabio Scurpa di SLC: Stefano Landi, Istituto di Ricerche SL&A e Fabio Appetiti dell’Associazione Calciatori.

I RISULTATI DELL’INDAGINE “PER TE LO SPORT È UN LAVORO?”

Lo sport nella percezione diffusa può essere tante cose. Spesso lo si riconduce e lo si descrive come passione, competizione, benessere fisico, divertimento, disciplina, educazione, ma molto raramente viene considerato un lavoro. Il primo passo del progetto Primo Libro Bianco – Sport e lavoro in Italia è basato su un’indagine diretta, lanciata nei primi mesi del 2018, attraverso la distribuzione di un questionario dal titolo “Per te lo sport è un lavoro?”. I risultati hanno confermato appieno le suggestioni già emerse dalle fasi di analisi precedenti sui dati “desk”, suggestioni relative alla “invisibilità” e alla precarietà dei lavoratori dello sport, un settore importantissimo dal punto di vista sociale, economico, occupazionale.

Come ha spiegato Stefano Landi, curatore dell’indagine per l’istituto di ricerche SL&A Turismo e Territorio, si tratta di un comparto composto da circa 70mila nuclei associativi e quasi un milione di operatori: un mondo complesso e ampio, spesso non chiaramente definito nei suoi confini, che coinvolge trasversalmente tutto il Paese, dal Nord al Sud Italia.

Un esercito di lavoratori che si occupano di sport, non solo per passione e volontariato: oltre il 72% degli intervistati afferma che lo sport è l’unico lavoro nel quale sono occupati. Solo l’11% di questi ha affermato di avere un contratto a tempo indeterminato: è il contratto di collaborazione a farla da padrone con oltre l’86%. Tra quelli che non hanno un contratto (36,9%), il 14% circa ha dichiarato di non ricevere alcuno stipendio, rimborso o remunerazione, mentre oltre il 60% riceve rimborsi spese, con punte di oltre il 70% nel Sud.

Il 43,1% degli occupati che hanno risposto al questionario guadagna fino a 6mila euro l’anno, il 40% da 6 a 12mila, il 12,4% fino a 18mila, il 4,5 oltre 18mila, ma oltre alla questione della remunerazione i lavoratori si sono dichiarati insoddisfatti per lo stato di instabilità, percepito sia dal punto di vista pensionistico che da quello delle tutele in generale.

Fabio Appetiti, dell’Associazione Italiana Calciatori che rappresenta 5mila professionisti e 1 milione di tesserati dilettanti, ha sottolineato come – tolto quel 3% di top player – da un punto di vista di diritti e tutele si tratti di un mondo dove non sono garantiti quei diritti fondamentali che invece sono garantiti ai lavoratori in tutti gli altri settori. “Ma attenzione – ha commentato a questo proposito Silvia Simoncini di NIdiL – in questo contesto l’assenza
di previdenza e tutele non è lavoro nero, ma è consentito dalla legge”.

L’associazionismo sportivo, che ha una fondamentale e indiscussa funzione sociale, chiede molto in termini di sgravi fiscali ecc., ma bisogna lavorare un po’ anche sulla restituzione di diritti” ha quindi aggiunto Appetiti che ha voluto poi evidenziare che, addirittura, oggi in Italia “le calciatrici, così come tutte le atlete di tutti gli sport, non possono essere considerate professioniste, persino la nazionale azzurra che è riuscita a partecipare ai mondiali, al contrario dei colleghi uomini (professionisti) che invece non ce l’hanno fatta. E poi il problema grande del futuro pensionistico: i professionisti vanno in pensione con 20 anni di contributi, ragazzi che lavorano come atleti nel dilettantismo per 15, 20 anni, alla fine si trovano senza contributi. Senza contare tutti i fisioterapisti, i preparatori atletici, ecc.

La ricerca presentata oggi – hanno concluso Simoncini e Scurpa – insieme con altre iniziative messe in campo soprattutto negli ultimi due anni, rappresenta per noi un punto di partenza di un’azione tesa non solo a individuare, per mezzo della contrattazione collettiva, le possibili forme di tutela, ma anche a produrre un sostanziale cambiamento della normativa che regola questo settore”.