Vai al contenuto

GIULIANI ARREDAMENTI. Cronaca di una lotta. Simbolo e speranza

Il racconto dei 16 giorni di lotta dei lavoratori Giuliani Arredamenti, una vertenza simbolo anche per la battaglia referendaria 8 e 9 giugno

Forlì, lunedì 14 aprile 2025, ore 6,30. Tra mezz’ora inizia il turno nello stabilimento Giuliani Arredamenti di via Gramadora 8. Venerdì sono arrivate le buste paga di marzo. Mentre aspettano davanti al cancello gli operai parlano, si confrontano. Sono tutti somministrati, da due agenzie diverse, c’è anche qualche tirocinio. Quasi tutti sono migranti, dall’Africa, dall’India, dall’Est Europa. Sono quasi tutti giovani, meno di trent’anni, ma sono arrivati nel 2015, 2016, 2017 e non hanno ancora cittadinanza italiana. Secondo la legge non possono averla, anche se lavorano in fabbrica da 6, 7, 8 anni, anche 13, e qui pagano le tasse e l’affitto di casa e le spese per vivere, come gli italiani.

L’ASSEMBLEA SPONTANEA

La busta paga: di nuovo l’importo è ancora troppo basso, non si arriva a 1.400 euro, c’è chi non arriva a 1.000 per 40 ore settimanali, gli straordinari non vengono pagati. Ibrahim arriva alle 6,45 e lega la sua bicicletta al cancello nero, insieme alle altre, si avvicina all’assemblea dei colleghi, ascolta. “Sono qui da 8 anni, ho iniziato con il tirocinio, mi hanno pagato 450 euro per un anno, dopo mi hanno assunto con l’agenzia e da allora, da 8 anni sono con l’agenzia! Il contratto è rimasto sempre lo stesso, ma dopo tanti anni il pagamento non cambia mai, se vai da lui dice che è così. Sono passati tanti anni, almeno bisogna cambiare il livello dei contratti, ma non interessa a nessuno. Sono arrivato a un punto che non posso più andare avanti così.”

Le condizioni di lavoro non sono buone. Una voce più alta di tutte sta dicendo: “Abbiamo fatto i corsi di formazione sulla sicurezza, dove abbiamo imparato tante cose. In teoria si dice che bisogna indossare le scarpe antinfortunistiche, i guanti. Ci hanno fatto vedere che quando suona l’allarme dobbiamo uscire tutti per sicurezza, però da noi, quando è suonato l’allarme antincendio, io volevo uscire fuori come ci hanno insegnato, ma mi hanno detto ‘no, non hai il diritto di uscire, non puoi lasciare il tuo lavoro per uscire’. I guanti di lavoro ho dovuto comprarmeli da solo. Se si rompono le scarpe che ti danno loro, e si rompono subito perché non sono buone, ti dicono che non è ancora passato un anno e non hai diritto ad avere scarpe nuove. Basta! non possiamo tollerare tutto questo.”

CHIAMIAMO IL SINDACATO

Alle 7,10 squilla il telefono di Andrea, il sindacalista che qualche giorno prima era andato a dare dei volantini davanti allo stabilimento: “Ci siamo messi insieme, uniti per fare questo sciopero. Anche noi siamo lavoratori come tutti gli altri. Non siamo qua per lavorare come tutti gli altri? Noi siamo qua fuori perché i nostri diritti non sono rispettati. Noi restiamo qua, non andiamo al lavoro. Siamo stanchi, restiamo qua fuori per dire basta. Bisogna cambiare tutte le cose che non vanno nell’azienda, solo così potremo andare avanti, altrimenti abbiamo deciso che è meglio andare via piuttosto che continuare ad andare avanti in un posto di lavoro così. Siamo stanchi.”

Business Newsletter Template

Andrea Merendi, il segretario generale di NIdiL CGIL Forlì Cesena, chiude la telefonata, entra in macchina e corre a via Gramadora 8 dove trova decine di operai fermi davanti al cancello della fabbrica. Non li lascerà più per 16 giorni e 16 notti. Con Andrea i compagni della sua camera del lavoro, Maria Giorgini, la segretaria generale CGIL Forlì Cesena, Ana Laura Cisneros, la segretaria generale della Fillea Forlì Cesena e poi la solidarietà delle altre categorie territoriali, delle categorie nazionali, delle istituzioni locali, della politica. Anche per questo, quella della Giuliani Arredamenti è una vertenza simbolo: di solidarietà, di unità sindacale, di tenuta democratica.

I 130 operai somministrati alla Giuliani Arredamenti adesso non sono più soli, la loro voce si alza sopra a quella singola fabbrica e rimbalza sui giornali, prima locali, poi nazionali. Non sono più 130 operai migranti, sono 130 operai italiani che con la loro lotta e il loro coraggio, insieme con le donne e gli uomini del sindacato, non stanno solo denunciando cosa non va nella loro fabbrica, ma ci stanno dicendo cosa non va in quella filiera legata al colosso Poltronesofà e in quel distretto produttivo e nel settore del legno arredo e nel settore della somministrazione lavoro e nelle pieghe del mercato del lavoro italiano. Cento ore di sciopero permanente per la dignità del lavoro di tutte e tutti, perché anche se il lavoro c’è – la fabbrica non sta chiudendo, anzi – se non ci sono i diritti allora non si può continuare a lavorare in silenzio. Anche per questo, quella della Giuliani Arredamenti è una vertenza simbolo: del fatto che il sindacato serve, del fatto che lo sfruttamento non si accetta, del fatto che i diritti vanno difesi sempre e a tutti i costi.

Il 30 aprile, dopo 16 giorni e 16 notti, infatti, alla fine di una trattativa dura e serrata, i sindacati CGIL CISL e UIL siglano un accordo con l’azienda, l’accordo viene votato e approvato all’unanimità dall’assemblea dei lavoratori fuori dallo stabilimento, è una vittoria.

LA LOTTA PAGA

Il patron della Giuliani accetta “un percorso di stabilizzazione per 84 persone entro l’anno sulla base dell’unico criterio dell’anzianità e per tutti il diritto di precedenza sulle future assunzioni”. In aggiunta “un aumento di 100 euro al mese per chi lavora in azienda da lungo tempo e un ulteriore aumento che deriva all’applicazione del contratto delle piccole e medie imprese, per comprensivi 125 euro mensili in più in busta paga”.

Inoltre, “l’azienda si impegna a rendere adeguate le condizioni di salute e sicurezza perché quello che abbiamo visto e ascoltato nelle testimonianze non deve più ripetersi, su questo punto stanno già lavorando gli enti preposti come richiesto dalla Prefettura”. Infine, “il sindacato entra alla Giuliani Arredamenti: la prossima assemblea sindacale si terrà all’interno dello stabilimento e i lavoratori eleggeranno la loro rappresentanza sindacale.”

A cura di

Anna Francesca Mannai

Ufficio Stampa e Comunicazione

NIdiL CGIL Nazionale