Vai al contenuto

LAVORO SEMPRE PIÙ POVERO ANCHE PER PROFESSIONISTI E COLLABORATORI

Uno su due guadagna meno di 10 mila euro lordi l’anno, solo due su dieci superano i 25 mila. Impossibile, in queste condizioni, raggiungere la pensione. NIdiL CGIL: “Effetti devastanti, chiediamo risposte al Governo”

Roma, 31 ottobre 2023 – “Gli ultimi dati sugli iscritti esclusivi alla Gestione separata INPS confermano le estreme difficoltà di reddito e l’emergenza pensione per lavoratrici e lavoratori con rapporti di lavoro con partita IVA o con collaborazioni di varia natura. Parliamo, quindi, di chi svolge lavoro autonomo senza essere iscritto a un ordine professionale come, ad esempio, molti professionisti nel settore della comunicazione e della cultura o chi lavora con le piattaforme digitali.” Così NIdiL CGIL sugli ultimi dati pubblicati dall’INPS relativi agli iscritti alla Gestione separata nel 2022.

Verso gli scioperi proclamati da CGIL e UIL per novembre, i sindacati incontreranno associazioni, lavoratrici e lavoratori autonomi in una tavola rotonda dal titolo “Il diritto all’equo compenso. Voci e proposte a confronto” (Camera del Lavoro di Milano, mercoledì 8 novembre, ore 14,30).

Drammatica, infatti, la situazione dei professionisti non iscritti agli ordini professionali (partite IVA individuali) che, in Italia, sono circa 380 mila, in crescita costante, soprattutto fra le donne. Il loro reddito annuo, nonostante l’inflazione all’8,1%, nel 2022 rispetto al 2021 è rimasto invariato, con una media di circa 16,9 mila euro lordi.

“Una media che, però, nasconde un differenziale importante (26,5%) tra uomini (19.465 euro circa) e donne (14.313 euro) e non racconta che, in realtà, il 46,3% guadagna meno di 10 mila euro e solo il 21,3% supera i 25 mila euro lordi” sottolinea il sindacato degli atipici.

Ancora peggio per i collaboratori coordinati e continuativi (compresa la PA) che sono circa 220 mila, con una crescita di circa 9.500 unità rispetto all’anno precedente: tra queste oltre 8 mila donne. Qui il reddito medio annuo risulta essere di 8.114 euro lordi, addirittura in diminuzione rispetto al 2021 di 400 euro; infatti, il 75% della platea non raggiunge i 10mila euro lordi e solo il 6,3% supera i 25 mila euro.

Secondo NIdiL CGIL “gli effetti di questa situazione, dal punto di vista previdenziale, saranno devastanti: tra i professionisti, i contribuenti netti (coloro che versano senza avere un solo euro di contributo accreditato ai fini della pensione e di altre prestazioni) sono quasi 30mila (22%), ma solo il 36% raggiunge i 12 mesi di contribuzione necessari per avere un anno di contributi. Per i collaboratori la situazione è ancora più grave: oltre 65mila (30%) sono contribuenti netti, ma solo il 13% raggiunge l’anno pieno di contributi, poco più di uno su dieci. Così il pensionamento diventa un traguardo che ogni anno si sposta sempre più avanti invece di avvicinarsi”.

È necessario che il governo intervenga sulle dinamiche del mercato del lavoro con interventi strutturali – commenta Andrea Borghesi, Segretario Generale NIdiL CGILè ora di definire per tutti i lavoratori e le lavoratrici un compenso minimo agganciato ai minimi retributivi previsti dai CCNL sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative per analoghe professionalità. Questo è un terreno comune di azione e di lotta per il lavoro: un salario minimo orario per i subordinati e un equo compenso per collaboratori e professionisti che comprenda la quota di contributi previdenziali a loro carico. Si realizzerebbe così un pavimento salariale non sfondabile, valido per tutti, che aumenterebbe il reddito disponibile, rafforzerebbe la contrattazione collettiva e ridurrebbe il dumping tra tipologie contrattuali che oggi è a tutto vantaggio delle imprese.