Vai al contenuto

Emergenza reddito e pensione per oltre mezzo milione di partite IVA e collaboratori

Roma, 4 dicembre 2025 – La legge di Bilancio in discussione non sostiene i redditi da lavoro e non avrà alcun impatto in particolare sul lavoro parasubordinato, 208 mila collaboratori e 436 mila partite IVA individuali con compensi largamente insufficienti a una vita dignitosa oggi (rispettivamente: 8.500 e 18mila euro circa) e con pensioni da fame domani (uscita a 71 anni con la minima o con 30 anni di contributi per avere 646 euro/mese). È quanto emerge da un’analisi condotta da NIdiL CGIL con l’Osservatorio Pensioni della CGIL sui dati recentemente pubblicati dall’INPS sulla Gestione Separata.

Stiamo parlando dei Collaboratori esclusivi, co.co.co. di varie tipologie, ancora impiegati nel privato e nel pubblico, come gli operatori dei call center o le maestre d’asilo in alcuni comuni) e dei Professionisti con partita iva esclusivinon iscritti a ordini professionali (dagli archeologi ai grafici pubblicitari, dalle guide turistiche ai traduttori).

Compensi insufficienti

  • Collaboratori esclusivi: nel 2024 hanno percepito mediamente compensi per 566 euro. Peggio va per le donne, il 47%, con 6.839 euro medi annui, e gli under35, il 44%, che si attestano intorno ai 5.530 euro.

 

  • Professionisti con partita IVA esclusivi: nel 2024 hanno guadagnato mediamente 094 euro. Le donne, il 49,95%, hanno percepito 15.700 euro, e gli under35, il 36,42% della platea, circa 14.400 euro.

 

Prestazioni sociali deboli o negate

  • Collaboratori esclusivi: il 22,5% è contribuente netto, cioè, nonostante il versamento di contributi complessivi per oltre 14 milioni di euro, non ha neanche un mese pieno di contributi accreditato, cosa che li esclude da qualsiasi prestazione di carattere sociale (malattia, maternità, disoccupazione, ecc.). Raggiunge i 12 mesi di contribuzione solo l’8% del totale; per gli under35 scendiamo al 2,17% e per le donne a circa il 3,76%.
  • Professionisti con partita IVA esclusivi: i contribuenti netti sono circa 36 mila, di cui 20 mila donne e 13 mila under35; raggiunge l’anno pieno di contribuzione solo il 35%, di cui il 56% sono uomini.

 

Pensioni impossibili

  • Per un collaboratore esclusivo con un anno pieno di contribuzione (reddito di almeno 18.415 euro annui raggiunto da appena l’8% della platea) ci vorrebbero almeno 30 anni di contributi per andare in pensione a 64 anni con 853 euro di pensione.
  • Per un professionista con partita IVA esclusivo, con un anno pieno di contribuzione (il 35% della platea) ci vorrebbero almeno 30 anni di contributi per andare in pensione a 67 anni con 646 euro di assegno mensile.

 

L’unica via realistica di accesso alla pensione, per la stragrande maggioranza dei parasubordinati, resta quindi l’uscita a 71 anni, unica età in cui non è richiesto alcun importo soglia, ma con un assegno modesto e lontano da livelli di vita dignitosi.

Questo è oggi il destino del 92% dei collaboratori esclusivi e il 65% dei professionisti con partita IVA esclusivi, in assenza di un’inversione di rotta sui compensi, nonostante un paradosso evidente: la Gestione Separata Inps ha prodotto un avanzo di gestione di 9,6 miliardi di euro per il solo 2024 proseguendo un trend almeno decennale.

12 dicembre: sciopero generale

“Posto che c’è un tema di qualificazione dei rapporti di lavoro quando mascherano lavoro dipendente, le scelte da fare nell’immediato vanno in direzione opposta a quanto fa il Governo – commenta Andrea Borghesi, segretario generale NIdiL CGIL Nazionale – per i redditi da lavoro bisognerebbe far pagare il giusto compenso alle imprese attraverso la definizione di un salario minimo/ equo compenso non inferiore a quanto previsto per le medesime figure professionali dalla contrattazione collettiva nazionale, sottoscritta dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, che costituisca anche la soglia minima per la definizione dei compensi dei parasubordinati su cui agire la contrattazione, sia collettiva sia individuale.”

“Necessario, inoltre – prosegue Borghesi – eliminare il differenziale contributivo pareggiando le aliquote pagate da dipendenti e parasubordinati (oggi i collaboratori pagano quasi il 2% in più rispetto ai subordinati, l’11% contro il 9,19% a tutto vantaggio delle imprese che così risparmiano).

“L’accesso alle prestazioni sociali può e deve essere garantito a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori attraverso ammortizzatori sociali universali, che coprano in maniera equa e adeguata il rischio disoccupazione e altri eventi come malattia e maternità. Infine una pensione contributiva di garanzia, che assicuri anche a chi è costretto a lavorare in modo discontinuo e con redditi bassi, trattamenti pensionistici dignitosi.”

“È per questo che il 12 dicembre scenderemo in piazza con collaboratori e partite IVA, in sciopero contro le politiche del Governo che nulla fa sul versante redditi e pensioni.Conclude il segretario generale NIdiL CGIL.

Rassegna Stampa